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Quando un’azienda si trova a intraprendere un percorso sulla sostenibilità, uno degli ostacoli più ostici che si ritrova davanti è quello del calcolo delle Emissioni Scope 3. In questo articolo andremo a capire perché il loro calcolo risulta macchinoso e quali sono le soluzioni che si possono adottare per superare il problema

Cosa sono le emissioni Scope 3

Le emissioni di gas serra vengono classificate seguendo il GHG Protocol, uno degli standard di misurazione più utilizzati; questo standard suddivide le emissioni in tre categorie:

  • Scope 1: emissioni aziendali dirette, cioè le emissioni derivanti da processi manifatturieri legati al prodotto come la lavorazione e il packaging
  • Scope 2: emissioni aziendali indirette, ovvero le emissioni che derivano dalla generazione di energia acquistata e utilizzata dall’industria manifatturiera del prodotto
  • Scope 3: qualsiasi emissione indiretta provenienti da fonti al di fuori del controllo diretto aziendale; sono quelle emissioni generate dalle attività a monte e a valle nell’industria manifatturiera del prodotto, includendo quelle generate durante la produzione di materiali grezzi

Generalmente le emissioni Scope 3 rappresentano la percentuale maggiore dell’impronta di carbonio di un’azienda e possono riguardare, ad esempio, la catena di fornitura, il trasporto, la distribuzione o lo smaltimento di beni e servizi dopo che questi hanno raggiunto il consumatore.

Inoltre, esse vengono definite anche come emissioni della catena di valore e sono quelle che danno più filo da torcere alle aziende.

Categorie di emissioni Scope 3 secondo la ISO 14064

Le emissioni Scope 3 vengono classificate dalle linee guida ISO 14064 in 4 categorie:

Categoria 1: Emissioni indirette di GHG derivanti dal trasporto

Sono le emissioni derivanti da processi manifatturieri legati al prodotto, come la lavorazione e il packaging. Inoltre, questa categoria comprende le emissioni che derivano da attività come:

  • trasporto e distribuzione a monte: definito anche upstream, riguarda il trasferimento delle materie prime o dei semilavorati dei fornitori fino all’azienda. In questo caso, le emissioni dipenderanno dal tipo di trasporto utilizzato e dalla distanza percorsa
  • produzione dei materiali e dei beni acquistati: include le emissioni che derivano dalla produzione di componenti, materie prime e altri input utilizzati nei processi aziendali
  • viaggi di lavoro
  • spostamenti casa-lavoro (chiamati anche commuting)

Categoria 2: Emissioni indirette di GHG legate ai prodotti utilizzati dall'organizzazione

All’interno di questa categoria vengono, invece, incluse tutte quelle attività svolte dopo che il prodotto/servizio è stato realizzato e distribuito dall’azienda. Esse possono riguardare:

  • trasporto e distribuzione downstream: riguarda le emissioni derivanti dal trasporto dei prodotti finiti dal sito di produzione al distributore, ai punti vendita o direttamente ai clienti
  • utilizzo del prodotto: include le emissioni generate durante la fase di utilizzo del prodotto da parte del cliente finale
  • fine vita del prodotto: si riferisce alle emissioni associate al trattamento dei rifiuti, al riciclaggio, allo smaltimento e alla distribuzione del prodotto

Categoria 3: Emissioni indirette di GHG legate all'uso di prodotti forniti dall'organizzazione

Questa categoria comprende le emissioni associate ai prodotti e ai servizi offerti dall’azienda in questione:

  • lavorazione di prodotti venduti
  • uso e consumo di prodotti e servizi
  • gestione del fine vita dei prodotti venduti
  • concessioni di asset in leasing
  • franchise e investimenti

Sono quelle emissioni derivanti a monte e a valle nell’industria manifatturiera del prodotto, le quali comprendono anche quelle generate durante la produzione di materiali grezzi.

Categoria 4: Emissioni indirette di GHG provenienti da altre fonti

In questo caso si fa riferimento ad emissioni specifiche che non rientrano nelle altre categorie e spetta all’azienda andare a identificare e definire il contenuto di questa categoria.

Le difficoltà nel calcolare le emissioni Scope 3

Ma perché le Scope 3 sono ritenute difficili da calcolare? Uno dei motivi principali è che non è semplice definire con precisione i confini dei dati da includere. In altre parole, la complessità sta nell’identificare quali categorie di emissioni segnalare, quali fornitori considerare e quale tipologia di dati raccogliere all’interno di ciascuna categoria.

Esempi di cosa considerare nel calcolo delle Scope 3

Prendiamo in considerazione il settore agricolo: in questo caso sarà necessario rendicontare le emissioni legate ai beni e servizi acquistati (fertilizzanti, sementi o macchinari agricoli), ma anche la lavorazione dei prodotti venduti (come prodotti preconfezionati o cereali lavorati).

Se, invece, prendessimo come esempio il settore manifatturiero (consideriamo un’azienda che produce componenti per l’industria automobilistica), per quanto riguarda l’utilizzo del prodotto venduto si considererebbe l’ingranaggio che contribuisce al funzionamento dell’auto e si stimerà l’impatto sull’efficienza del carburante dell’auto stessa.

Come misurare le emissioni Scope 3

Nonostante le emissioni Scope 3 siano al di fuori del controllo dell’organizzazione, esse rappresentano tendenzialmente la quota maggiore di gas serra prodotti. Per questo motivo, il processo di misurazione potrebbe risultare particolarmente complesso.

Dopo aver identificato le emissioni più rilevanti per l’azienda in questione, si procederà con la quantificazione di tali emissioni attraverso una formula che moltiplica i dati primari (ovvero le misurazioni messe a disposizione direttamente dall’azienda, come ad esempio la massa in kg del prodotto acquistato), con fattori di emissione (coefficienti che convertono dati primari in emissioni di CO2 equivalenti).

Successivamente, a seconda della tipologia di informazioni a disposizione, si andranno ad utilizzare differenti metodologie.

Spend-based method

Questo primo metodo utilizza come dati primari gli input monetari che vengono ottenuti dalla contabilità aziendale per l’anno di esercizio. È uno dei metodi più semplici per calcolare le emissioni Scope 3, nonostante i fattori di emissione che vengono utilizzati siano generici, andando quindi a diminuire l’accuratezza del calcolo.

Average data method

È un metodo basato su fattori di emissione derivanti da studi di letteratura e utilizza come dati primari la quantità di materiale acquistato, la quale viene espressa in peso o unità. Vi è maggiore accuratezza in quanto richiede una raccolta più precisa dei dati primari

Supplier-specific data method

Il calcolo si basa su fattori di emissione che vengono forniti direttamente dai fornitori e che sono specifici per i prodotti acquistati. Tuttavia, solo una piccola parte di prodotti disponibili sul mercato dispone di queste informazioni così specifiche

Hybrid method

È una combinazione tra il metodo “Average” e il “Supplier-specific data”: la sua adozione dipende dalla prevalenza del tipo di dati utilizzati. Se si fa principalmente uso dei dati specifici del fornitore, si avrà come risultato una maggiore precisione e accuratezza.

In Ecoloop possiamo aiutarti a calcolare le emissioni di CO2 equivalenti, seguendo gli standard GHG Protocol e ISO 14064: attraverso un’analisi approfondita individuiamo le emissioni più rilevanti per la tua azienda, in modo da calcolare in modo preciso le emissioni Scope 3.

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